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Samurai: la via del guerriero

Samurai. Una parola che rievoca imprese leggendarie, gesta eroiche, gloria e onori. Nell’immaginario collettivo questi guerrieri, chiusi nella loro imperscrutabile armatura, sono sinonimo di coraggio ed onore anche se, a volte, la fantasia si discosta leggermente dalla realtà. Perché, se è vero che i Samurai erano i coraggiosi guerrieri è altrettanto vero che questi formavano una vera e propria casta prevalente in Giappone e, in parecchi casi, approfittando del loro ruolo di predominio, commettevano soprusi sui ceti più umili.

Ma procediamo con ordine. La parola Samurai, con cui venivano chiamati i rappresentati di una delle più famose caste militare giapponesi, deriva dal verbo sabarau o samarau che, letteralmente, significa “essere al servizio” e la loro origine risale al periodo del Giappone medievale quando il potere del sovrano di una delle monarchie più antiche del mondo, era limitato fortemente dall’ingerenza di signori feudali, i daimyo.

Il più potente, quello che possedeva maggiori terre e ricchezze, assumeva la carica di shogun, una sorta di primo ministro, che lo rendeva di fatto il detentore del potere. E fu proprio alla fine del XII secolo, in virtù del fatto che la carica di shogun divenne ereditaria, che si affermarono i Samurai.  

La nascita dei Samurai

In questo periodo, noto come periodo Kakamura, dal nome della capitale di quel tempo, i Samurai divennero una vera e propria casta in quanto, proprio come accadeva con lo shogun, anche per loro si affermò il diritto all’ereditarietà del ruolo per il quale i figli dei Samurai acquisivano lo status del genitore. 

Samurai Giapponesi

Questo corpo militare, che possiamo paragonare ai cavalieri medievali presenti in Europa, era al servizio del proprio signore ed i componenti erano addestrati, sin dall’infanzia, all’arte della guerra. Inoltre, potevano dedicarsi allo studio ed alle arti e questo li rendeva colti ed estremamente intelligenti. Molti seguivano la filosofia zen, con cui imparavano a liberare la mente dai pensieri negativi allo scopo di raggiungere la pace interiore.

Tutti erano tenuti a rispettare un codice d’onore, il bushido, il cui significato letterale è “la via del guerriero”, che era basato sui principi del dovere, della lealtà e del coraggio. Perdere l’onore, a seguito di una sconfitta o di un’offesa recata al proprio superiore, era per i guerrieri giapponesi una vergogna da espiare con la morte. Da qui il ricorso al “seppuku”, il suicidio, che si eseguiva tagliandosi il ventre con una spada corta o con un pugnale.

Le due spade

Le armi tipiche dei Samurai erano le due famose spade giapponesi, la Katana, quella lunga, e il Wazikashi, quella corta. Portarle entrambe era sinonimo di grande onore. Ma non bisogna commettere l’errore di pensare che combattessero solamente con le spade perché erano molto abili con l’arco e le lance e, dal XVI secolo, iniziarono a dotarsi anche di armi da fuoco.

Ma a rendere affascinanti ed enigmatici questi guerrieri era senz’altro l’armatura che indossavano che, oltre a proteggerli in battaglia, incuteva anche terrore nei nemici che combattevano. L’armatura indossata dai guerrieri giapponesi è ancora oggi di estremo interesse collezionistico soprattutto per l’arte con cui veniva realizzata.

L’armatura del Samurai

L’armatura del Samurai comprende il Kabuto, l’elmo, il Menpō, la maschera che protegge il volto, il , la corazza, i Sode, gli spallacci rettangolari, i Kote, bracciali protettivi in lamine di ferro con i guanti d’arme e il Kusazuri , un grembiule composto da lamine di metallo che proteggeva la parte inferiore del corpo all’altezza dell’inguine. 

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Ferro e cuoio erano i materiali usati per rendere queste armature sempre più resistenti. Tuttavia, la corazza era decisamente più sottile di quella con cui venivano realizzate le armature dei cavalieri medievali in Europa. L’armatura, realizzata con piastre di ferro legate insieme, era flessibile e doveva consentire di effettuare rapidi movimenti per sferrare colpi letali in maniera veloce. I piedi e le mani erano dotati di protezioni individuali appositamente progettate per consentire una presa ottimale della Katana ed allo stesso tempo di resistere all’attacco di un altro guerriero.

Ma è l’elmo, Il Kabuto, la parte più caratteristica di tutta l’armatura. Esso nasconde alla vista il guerriero che lo indossa rendendolo misterioso e potenzialmente pericoloso. Anche il Menpō, la maschera utilizzata per la protezione del volto, dagli occhi in giù, è uno degli elementi più caratteristici dell’armatura. Realizzata in cuoio e metallo la maschera poteva avere un’espressione feroce, per accentuare l’aggressività di chi la indossava, oppure molto più nobile e serena per infondere più sicurezza al proprietario ed il dubbio di un nemico di alto lignaggio e abilità a chi lo affrontava. 

L’armatura era un segno distintivo, una vera e propria identità: I guerrieri potevano identificare in battaglia il proprio comandante ma le forme e le decorazioni avevano anche la funzione di affermare il proprio prestigio personale, in un tempo in cui i signori della guerra si contendevano il controllo del Giappone.

Ai Musei Reali di Torino è possibile ammirare un’armatura completamente restaurata che fu donata nel 1869 dall’Imperatore Meiji a Vittorio Emanuele II a tre anni dalla firma del trattato di amicizia e commercio tra il Regno d’Italia e l’Impero giapponese, ratificato a Edo, l’odierna Tokyo.

La fine dei Samurai

Tra il 1866 ed il 1869 l’imperatore Meiji diede il via ad una restaurazione che mise fine al periodo dei Samurai. Egli sottrasse il potere allo shogun e avvio una decisa modernizzazione del paese e, ritenendo la casta dei Samurai incompatibile con questo processo, annullò tutti i privilegi di cui godevano riducendo il potere e la classe a cui appartenevano i nobili guerrieri.

allenamento samurai

Vi fu tuttavia un ultimo massiccio utilizzo dell’armatura durante gli scontri della Ribellione di Satsuma, nove anni dopo l’inizio del periodo Meiji. Dalla ribellione di Satsuma è tratto il film “L’ultimo Samurai” di Edward Zwick con Tom Cruise e Ken Watanabe.

In Giappone la fama dei nobili guerrieri è ancora viva anche se è soprattutto lontano dall’isola nipponica che continuano a suscitare fascino e interesse grazie a film, fumetti, videogiochi e cartoni animati. In tal senso l’immagine che rappresenta i Samurai come guerrieri sempre dotati di nobili sentimenti è piuttosto distante dalla realtà ed oggi, la cultura e la mentalità dei guerrieri giapponesi è stata in larga parte abbandonata in Giappone sebbene alcuni principi ed insegnamenti del Bushido siano ancora apprezzati.


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