L’antico Teatro Noh
Nella cultura giapponese la trasmissione nel tempo di consuetudini, usi e costumi è davvero molto sentita. Il popolo del “Sol Levante” va fiero delle proprie tradizioni e delle usanze più antiche tanto che oggi sono conosciute, studiate ed apprezzate in tutto il mondo.
Nel 2003 il teatro No, che spesso troviamo trascritto anche come Noh, forma di teatro tradizionale giapponese, è stato dichiarato patrimonio UNESCO riconoscendo così a questa arte giapponese un indubbio valore universale.
C’è da dire che il Noh è un genere teatrale completamente diverso da quello occidentale sia per il suo stile recitativo che per i contenuti espressi. Questo deriva dal fatto che le sue radici provengono dal Sarugaku, forma di teatro popolare che veniva messo in scena presso i luoghi di culto da compagnie di artisti.
A fondare questo genere teatrale fu il drammaturgo Kan’ami nel XIV secolo anche se la diffusione di questo tipo di performance si deve al figlio Zeami che la sviluppo codificandone la simbologia ed i movimenti. Di grande aiuto fu il patrocinio dello shōgun Ashikaga no Yoshimitsu che rimase colpito dal talento del giovane Zeami e lo finanziò nella diffusione di questa forma teatrale che unisce canto, danza e recitazione per raccontare storie di divinità e spettri.
Un palco quadrato e pochi attori
Ma come si svolgono questi drammi?

Iniziamo col dire che il palcoscenico del Teatro Noh è molto particolare. Un palco quadrato è sovrastato da una tettoia in legno e, sullo sfondo, è sempre dipinto un classico pino giapponese a ricordare l’albero del Santuario di Asuka dove venne allestito per la prima volta il dramma Okina, prima rappresentazione di teatro Noh. Il pavimento del palcoscenico, lucidato con cura, deve consentire agli attori di danzare senza che i piedi facciano attrito.
Sul palco recitano pochissimi attori che, per caratterizzare i personaggi, usano delle meravigliose e particolari maschere chiamate “Nohmen”. Lo Shite è l’attore principale, unico ad indossare le maschere, anche se con qualche eccezione, mentre il Waki, attore di spalla, non usa la maschera. Gli Hayashi, quattro suonatori con flauti e tamburi, accompagnano l’esibizione.
Uno schema ben preciso caratterizza in genere gli spettacoli del teatro Noh che si apre con un viaggiatore, un monaco od un pellegrino, che s’imbatte in un abitante del luogo che gli racconta la storia del posto per poi rivelare che è lui l’attore principale, lo Shite, che si esibisce in una danza simbolica.
Il repertorio Noh conta di circa 250 rappresentazioni che possono avere come tema centrale divinità, guerrieri, donne, demoni o altro e lo spazio scenico è considerato come una sorta di luogo intermedio dove il mondo degli umani e quello divino s’incontrano.
In netta contrapposizione con gli spettacoli seri ed abbastanza complessi del teatro No spesso l’esibizione viene preceduta da una rappresentazione comica di carattere popolare, detta Kyogen, che viene eseguita dagli stessi attori utilizzando una mimica semplice ed un linguaggio spontaneo.
Le maschere del Teatro Non

Ma a rendere davvero particolari queste esibizioni sono le maschere usate dagli attori che sono delle vere e proprie opere d’arte. Le maschere del teatro Noh, utilizzate fin dal XIV secolo, sono diventate sempre più sofisticate. Realizzate da maestri artigiani, chiamati No-men-shi, sono delle opere straordinarie, molto dettagliate in grado di trasmettere informazioni cruciali sul personaggio che esse rappresentano. La direzione degli occhi, la curvatura delle labbra, la tonalità del colore sono studiate per trasmettere emozioni.
Gli attori che le indossano hanno l’abilità di far cambiare espressione al personaggio che interpretano grazie ai loro lenti movimenti con cui sono in grado di cambiare espressione a seconda di come la luce colpisce queste maschere che giocano, quindi, un ruolo estremamente importante nel trasmettere caratteri e temi delle rappresentazioni.
Costruite in legno laccato queste meravigliose maschere rappresentano uomini, donne, fantasmi, divinità, demoni e ad ognuno viene assegnata una espressione diversa ma congeniale a ciò che il personaggio deve trasmettere. La maschera Okina, ad esempio, raffigura un vecchio e viene usata solo per la rappresentazione del dramma Okina.
Naturalmente anche i vestiti di scena hanno la loro importanza e costituiscono, al pari delle maschere, parte integrante del personaggio. Alcune scuole Noh tramandano il loro guardaroba da centinaia di anni e alcuni costumi sono dei veri e propri reperti storici.
Oggi il teatro Noh è considerato un tesoro culturale ed artistico da tramandare alle nuove generazioni grazie a vere e proprie scuole ed anche se questa forma di arte è difficile da comprendere, soprattutto per gli occidentali che non conoscono la lingua e i miti giapponesi, non c’è dubbio che le musiche, i costumi e l’interpretazione degli attori con le loro maschere, sappiano creare un’atmosfera molto suggestiva da ammirare almeno una volta nella vita.